Tutte le speranze by Paolo Di Paolo

Tutte le speranze by Paolo Di Paolo

autore:Paolo Di Paolo [Paolo, Paolo Di]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2020-04-29T22:00:00+00:00


1965

Nel cuore degli anni Sessanta, Montanelli indossa i panni di reporter nel proprio stesso Paese e firma una serie di articoli per il “Corriere della Sera” dall’Emilia Romagna, dalla Toscana e dalla Sardegna. Le altre regioni vengono affidate a Piero Ottone, Alberto Cavallari, Giovanni Russo e Gianfranco Piazzesi. Quando, nel ’65, saranno raccolte in volume con il titolo Italia sotto inchiesta, al giornalista più popolare tocca l’introduzione. “Non si scopre nulla” scrive Montanelli “dicendo che l’Italia sta attraversando la crisi forse più grave da qualche secolo a questa parte.” Era dunque già finito il miracolo economico? Gli anni del monocolore democristiano e delle maggiorate, di Vittorio De Sica vestito da carabiniere e di Domenico Modugno, l’Italia allegra delle Fiat Seicento, verso cosa stava scivolando?

Montanelli se lo chiede partendo dalla sua città adottiva, Milano. Racconta, con quel suo cuore improvvisamente nostalgico, del nonno che dalla provincia toscana arrivava a Milano come sbarcando in un’altra galassia e ne tornava con gli occhi abbagliati – le fabbriche, le librerie, i teatri, la Scala, la lealtà dei milanesi (“Niente carta bollata, cavaliere! A Milano, una stretta di mano vale più di un contratto”). In valigia metteva un paio di panettoni e qualche scatola di burro. “Mio nonno era un borghese. E in Milano ammirava l’incarnazione delle grandi virtù borghesi: lo slancio individuale, la fiducia dell’uomo nell’uomo, l’ottimismo, l’iniziativa, il coraggio... Quando gli dissi che mi ci trasferivo, mi rispose battendomi la mano sulla spalla: bene, solo lì potrai dimostrare di che stoffa sei.”

Montanelli è convinto che suo nonno faticherebbe a trovare la sua Milano in una città “ronzante di macchine, impennacchiata di ciminiere”, grigia più per lo smog che per la nebbia, affollata di meridionali. Sciorina cifre – la provincia di Milano produce da sola il 12 per cento del reddito nazionale; il milanese è l’italiano che paga più tasse: 900 miliardi la sola città... – ed elogia i campioni residui dell’antica forza imprenditoriale meneghina.

Uno su tutti, il re dei frigoriferi Giovanni Borghi, di cui Indro offre uno smagliante ritratto alla Montanelli. I suoi operai lo chiamano commenda o cavaliere. Spalle tarchiate e quadre, sopracciglia cespugliose, orecchie a padiglione d’elefante. Il padre aveva messo su una fabbrichetta di fornelli e il futuro re dei frigoriferi, lasciata la scuola alla fine delle elementari, si mise a bottega lavorando dodici ore al giorno. Se gli avanzava tempo, correva in bicicletta dalle massaie della zona per sentire di che avevano bisogno le case nei duri anni del dopoguerra. Avevano bisogno di cucine. Comprò duecento frigoriferi di tutte le marche e si mise a studiarli, fino a quando fu pronto a disegnarne uno suo. «On frigo l’è ona creatura, sa? Bisogna che la gh’abbia i al, prima de falla volà.» Montanelli è affascinato da quest’uomo orgoglioso venuto su dal niente, che da Comerio è arrivato in pochi anni a girare il mondo e vive in una casa collegata allo stabilimento da un sottopassaggio. Conosce i quattromila operai uno per uno, li chiama per nome e parla con loro in milanese stretto.



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